La parola Texas, terra a noi lontana, può far emergere nell’immaginario dei più gli spavaldi cowboy e i torridi deserti. Eppure, come in molte altre regioni del pianeta, è giunto anche nel “Lone Star State” il deprecabile cambiamento climatico: sì, le stereotipate torride estati da siccità, ma anche gelidi inverni da record ammantati di ghiaccio e neve. Questo il rovescio della medaglia del fenomeno ambientale. A ridosso di quello che i texani chiamano il “Texas Wine Month”, questi picchi metereologici estremi hanno messo in allarme gli esperti del settore, riportando fortunatamente in discussione il palese cambiamento climatico.
“Nessuno combatte contro questa imprevedibilità più delle persone che coltivano la terra: viviamo sotto la costante minaccia d’incendi incontrollabili, inondazioni, siccità, uragani, cicloni e super-tempeste invernali” ha commentato Veronica Meewes, buyer di vini per la bottiglieria Saba San.
Ma è proprio qui, come in molte altre situazioni analoghe, che l’essere umano riesce a cavar fuori tutto il suo ingegno e la sua resilienza, cogliendo di contropiede le avversità e gli ostacoli: studiando, evolvendo, adattandosi. Quello del Texas è un caso esemplare, uno spunto da cui partire per poter riflettere su scala globale di vinificazione e sostenibilità, di climate change e adattamento.
Sono di fatti svariati i marchi vinicoli texani che hanno saputo reinventarsi, portando sul mercato modi unici di produrre attraverso pratiche enologiche sostenibili. Basti riflettere sul caso, riportato da vari media, della William Chris Vineyards. L’azienda vinicola, in piedi dal 2008, utilizza infatti solo uve coltivate in Texas, tappi di sughero sostenibili e produce vini generati da metodologie a “basso impatto”. “Il cambiamento climatico sta creando interessanti opportunità per i viticoltori del Texas” ha affermato orgoglioso uno dei CEO dell’attività.