Per molti e molti mesi si è letto e sentito parlare in ogni angolo e in ogni settore di blockchain e NFT; Ma a che punto siamo di questo fenomeno? Quasi cinque anni dopo la promessa della “quarta rivoluzione industriale” per il settore vinicolo, infatti, la blockchain e gli NFT restano opportunità parzialmente inespresse.
All’evento WSTA ad esempio, Lord Holmes di Richmond aveva previsto che la tecnologia avrebbe semplificato il commercio e la trasparenza del vino. Tuttavia, l’adozione resta limitata, con solo alcuni attori che sperimentano con questi strumenti innovativi. Tra gli esempi più riusciti c’è dVIN, piattaforma B2B che utilizza blockchain per tokenizzare e tracciare ogni bottiglia, minimizzando le perdite e contraffazioni nel commercio globale del vino di lusso, stimato attorno ai 100 miliardi di sterline. David Garrett, fondatore di dVIN, vede nella blockchain una soluzione per ridurre drasticamente i guasti delle bottiglie, fenomeno che impatta per 10 miliardi di sterline l’anno.

Questo sistema potrebbe rivoluzionare il mercato garantendo una “liquidità unificata” per i vini da collezione e un canale sicuro per i consumatori. “Nonostante i casi innovativi di produttori – analizzano gli appassionati di tecnologia – come Viña VIK e Château Malartic-Lagravière, che hanno lanciato edizioni speciali in NFT, l’adozione diffusa è limitata. Piattaforme come BlockBar hanno dimostrato che gli NFT possono facilitare le transazioni di vini pregiati, ma molti produttori rimangono scettici”. L’adozione della tecnologia blockchain e NFT nel vino dipenderà da incentivi mirati e dalla capacità di evidenziare benefici economici e logistici per i produttori. Per ora, la rivoluzione resta incompiuta, ma con un potenziale ancora significativo per il futuro del settore.