L’industria vinicola sta affrontando un cambiamento culturale che potrebbe mettere a rischio i suoi 353 miliardi di dollari a livello globale. Non si tratta ovviamente di un ritorno al proibizionismosul modello statunitense, ma movimenti come “Dry January” e “Sober October” stanno spingendo sempre più persone, specialmente giovani, a evitare l’alcol.
Questa tendenza, già diffusa in paesi come Stati Uniti e Regno Unito, sta portando a una percezione del vino meno positiva, influenzando anche le politiche pubbliche. Negli Stati Uniti, le nuove linee guida dietetiche per il 2025-2030 potrebbero, infatti, ridurre la raccomandazione per il consumo di alcol a due bicchieri a settimana, una netta restrizione rispetto agli attuali standard. Come spiegano giustamente gli analisti di mercato: “Questo cambiamento preoccupa l’industria vinicola e altre associazioni di produttori, che temono una revisione non obiettiva delle linee guida. Anche l’OMS ha classificato l’alcol come cancerogeno di gruppo 1 e promuove attivamente la riduzione del consumo globale. Sondaggi recenti mostrano che un quarto dei giovani adulti tra 21 e 39 anni già percepisce come problematico consumare un bicchiere di vino al giorno, e il nuovo limite potrebbe influenzare due terzi di questa fascia di età”.

Alcuni professionisti del settore, come ad esempio l’enologa Karen MacNeil, denunciano il tono moralistico che si è sviluppato attorno al tema. MacNeil e altri, in risposta ai movimenti “sobri”, hanno lanciato la campagna “Come Over October” per promuovere il vino come simbolo di socialità e ospitalità. L’enologa Laura Catena ha invece fondato “In Defense of Wine”, una piattaforma per evidenziare i benefici del consumo moderato sul cuore e il diabete, ribadendo che il consumo eccessivo resta pericoloso, ma difendendo un consumo responsabile.